Profumi e sapori salentini: l’olivo e la vite

Nelle campagne attorno Lecce e più in generale del Nord Salento, potrete ammirare spesso e volentieri schiere di coltivazioni tipiche in oliveti e viti.

Gli oliveti sono molto diffusi in primis per la produzione olearia, ma anche per la produzione di olive in concia di diverso tipo come le olive verdi in concia, le olive in salamoia e le olive schiacciata, in particolare queste ultime due. L’albero di olivo arriva spesso e volentieri ad essere secolare e nel Salento ne potrete vedere molti esemplari, come quello che proponiamo nell’immagine. L’origine dell’olivo si perde nella notte dei tempi. Per la mitologia il suo frutto, l’oliva, fu creato da Atena, dea della guerra e della sapienza, per far piacere ai Greci mostrando loro il suo lato pacifico. Questo albero è poi già simbolo nella Bibbia. La sua coltivazione risale alle prime civiltà dell’altopiano iranico, mentre fu portato nel Salento dai Greci che, come testimoniano Plinio e Teofrasto, avevano già provveduto a selezionare dieci differenti tipologie e da allora la tradizione non ha mai smesso di coltivare questa pianta. Ogni area pugliese ha una particolare tipologia predominante, adattatasi perfettamente alle caratteristiche del territorio. Tra Lecce e Nardò, ad esempio, è molto diffusa l’oliva Cellina, di piccole dimensioni e ingrediente di molti piatti salentini come le pucce e le uliate.

olivi e viti 2

A “contendere” all’olivo il ruolo di leader nelle coltivazioni del territorio  è la vite. Questo perché nel Salento, dopo l’inesorabile decadenza delle coltivazioni del cotone, molte aree fertili furono convertite alla coltivazione della vite verso la fine del XIX secolo. Così, larghi tratti di territori comunali furono invasi da lussureggianti vigneti, come a trovarsi di fronte ad un grande mare verde che richiamasse i due azzurrissimi mari ad est e ad ovest delle sue coste. Per molte famiglie questa coltivazione divenne la base della propria economia e la vendemmia impiegava larghe fasce di popolazione per almeno un mese e mezzo. I lavoratori che erano impiegati in questa attività ricevevano non solo un salario, ma anche la “giornata”, vale a dire una sorta di premio in natura che consisteva in un cesto pieno d’uva. Quando a lavorare nei vigneti era un’intera famiglia, la quantità d’uva raccolta in una stagione era molto abbondante e così, oltre alla classica trasformazione in vino (di cui molti sono oggi marchi rinomati e produzioni di eccellenza DOC, DOP e IGT), si diffusero anche altre soluzioni per utilizzare l’uva in esubero tramite ad esempio il vincotto e la mostarda, una tradizionale marmellata d’uva prodotta con vitigni autoctoni, soprattutto negroamaro.

Ecco perché la terra leccese ha ancora un profondo significato per gli abitanti locali, formando una vera e propria identità culturale con il modo di vivere dei salentini fino agli Anni Cinquanta del Novecento. Oggi ad occuparsi di oliveti e vigneti sono soprattutto aziende locali specializzate, ma si sente ancora l’eco di una romantica attività un tempo centrale nella vita delle famiglie.

immagine in evidenza: flickr by florixc licenza CC BY-SA.

immagine 2: flickr by VinoFamily licenza CC.