” Biancamente dorato
è il cielo dove
sui cornicioni corrono
angeli dalle dolci mammelle,
guerrieri saraceni e asini dotti
con le ricche gorgiere.
Un frenetico gioco
dell’anima che ha paura
del tempo,
moltiplica figure,
si difende
da un cielo troppo chiaro.
Un’aria d’oro
mite e senza fretta
s’intrattiene in quel regno
d’ingranaggi inservibili fra cui
il seme della noia
schiude i suoi fiori arcignamente arguti
e come per scommessa
un carnevale di pietra
simula in mille guise l’infinito”
È stato Vittorio Bodini, uno dei più significativi scrittori del primo Novecento, a presentare in versi il sud, e il Salento in particolare, tratteggiando con le parole dettagli e profili di una terra in continua evoluzione.
I versi che aprono questa pagina, sono un inno e una descrizione di Lecce, città sempre più cosmopolita e in pieno fermento culturale, dove, nonostante tutto, continua a scorrere, come diceva Bodini, “un’aria d’ora, mite e senza fretta”.
Prendete una valigia.
Metteteci dentro un libro, o anche un paio, vestiti leggeri, un cappello per coprirvi dal sole impertinente che rende la città ancora più luminosa e bella.
Date uno sguardo all’orologio, perchè non perdiate la coincidenza con il primo treno che arriva in Salento.
Una volta arrivati, avrete cura di toglierlo dal polso e riporlo su un comodino.
Il viaggio in treno sarà un po’ lungo, magari, ma una volta il Puglia cominceranno a fare capolino ulivi, muretti a secco, zolle di terra rossa, grassa o riarsa, a seconda delle zone.
Arrivati a Lecce, prestate il vostro orecchio all’altoparlante, a quella voce che per tutto il viaggio ha scandito le stazioni.
-“Lecce, stazione di Lecce” – annuncerà senza espressione.
Per poi aggiungere: -“Termine corsa treno”-.
Benvenuti in Salento.
Benvenuti a Lecce.